Intermodalità Svizzera-Italia: serve un cambio di passo per entrare nel futuro
Intermodalità, Svizzera e Italia. Un triangolo quasi perfetto. Intanto un fatto intangibile. Partiamo dall'intermodalità, soprattutto quella relativa al trasporto ferro-gomma, che resta il nodo centrale al centro di questo triangolo. Un baricentro sottile, che vive di lungimiranza, scelte e qualità. Le stesse che arrivano dai due paesi protagonisti di questo equilibrio, Svizzera ed Italia.
Uno spaccato disegnato perfettamente dall'articolo scritto da Piermario Curti Sacchi e apparso su trasportoeuropa.it. I due paesi vicini sono ben consci dell'importanza di "scegliere" questa modalità di trasporto, ed infatti risalgono al 2012 i primi accordi, firmati dagli allori ministri Corrado Passera per l'Italia e Doris Leuthard per la Svizzera, che sostanzialmente miravano a certezze per sviluppare treni ed infrastrutture, senza però intervenire sui colli di bottiglia a livello urbano, come quello di Milano.
Dal 2012 al 2023 sono passati 11 anni, ma il passo decisivo ancora non si è visto. Le ultime intese sottoscritte a luglio dal ministro dei trasporti italiano, Matteo Salvini, e dal "collega" elvetico, Albert Rösti, sono praticamente sovrapponibili, tolto il fatto che la Svizzera fissa l'obiettivo 2035 per l'ampliamento definitivo dovuto agli interventi. Se, da una parte, il programma degli interventi sui valichi alpini è stato rispettato, dopo l'investimento svizzero a favore dell'italia per le linee di Luino (Gottardo) e Domodossola-Sempione si attendono ancora un definitivo salto di qualità sulla infrastrutture e sui mezzi, a testimonianza di come, l'intermodalità, sia colonna centrale per lo sviluppo dei trasporti europei e mondiali, del presente e del futuro.
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